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Il gip su Di Giovanni: “Spregiudicato e avido”. Descritto così il Comandante della polizia municipale di Agrigento arrestato per corruzione 

Gaetano Maria Giuseppe Di Giovanni, 59 anni, di Raffadali, il dirigente dai tanti incarichi al Comune di Agrigento e comandante della polizia municipale della città dei Templi ha trascorso la sua prima notte in una cella del carcere di contrada “Petrusa” in attesa dell’interrogatorio. Come dirigente del distretto socio sanitario avrebbe favorito l’affidamento del servizio di assistenza domiciliare socio-assistenziale per anziani non autosufficienti (per un totale di 204.051 euro) alla società “Medea” controllata da Giuseppe Gaglio, l’imprenditore di Borgo Parrini e presidente della cooperativa di servizi socio-sanitari “Nido D’argento” di Partinico, e dei servizi socio-assistenziali nei comuni di Santa Elisabetta e di Agrigento (per un importo complessivo di 89.355) alla “Nido D’Argento”, in cambio di una tangente di 7mila 500 euro, che sarebbe stata incassata in tre tranche. Le carte della clamorosa operazione dei carabinieri descrivono il capo dei vigili urbani di Agrigento come un pubblico ufficiale “spregiudicato e avido”. Scrive il gip del tribunale di Palermo Elisabetta Stampacchia: “Impedire che questi possa continuare ad esercitare la sua influenza per il tramite di terzi e, quindi, a piegare l’ente ai suoi bisogni”. Ecco spiegata la custodia cautelare in carcere. “Le conversazioni intercettate consentono di delineare un profilo criminale di inusuale spessore – continua il gip – il mercimonio della propria funzione sembra essere una vera e propria prerogativa del dirigente, che per la sua avidità, la continua richiesta di denaro, di pranzi e cene, riesce a guadagnarsi addirittura il disprezzo di Gaglio, Chiavello e Terzo, nonostante la sfacciata abitudine di questi ultimi ad interlocuzioni del tenore di quelle condotte con il medesimo”. Terzo: “Dobbiamo stringere i denti, Giusè! Lo capisco … ti guardo in faccia!”/ Gaglio: “Per le sue pretese!”/ Terzo: “Ti guardo in faccia … quando lui parla, però … dobbiamo stringere un pochino i denti!”/ Gaglio: “A me interessa che sblocca questo Hcp … ” /Terzo: “Lo risolviamo … lo risolviamo … non è questo il problema … A me interessa però anche portarlo avanti!”. Nelle conversazioni intercettate, infatti, essi lo appellano con soprannomi quali “Tano gnam gnam“, “man bassa, “tutto mio”, “panzone terribile”, e mostrano di sentire fortemente il peso del raffronto con il medesimo che, peraltro, non perde occasione per palesare la sua astuzia – mettendo a punto accorgimenti per eludere eventuali intercettazioni, quale quella di costringere i propri interlocutori nel malaffare a recarsi da lui senza telefoni, farsi consegnare il denaro all’interno di bagni delle aree di servizio o mediante particolari accorgimenti -, spregiudicatezza e avidità, attraverso continue richieste di pranzi e cene a spese dei commensali.

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