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Messaggio politico elettorale della candidata Marina Castiglione, PD, a norma della legge numero 28 del 22 febbraio 2000  

Marina Castiglione, candidata PD alla Regione Sicilia per la provincia di Caltanissetta, candidata PD al Collegio uninominale del Senato della Repubblica (UO3 Gela)

Una lettera aperta non potrà raggiungere tutti, ma in questi ultimi giorni di campagna elettorale diventa necessario promuovere una informazione sull’importanza del voto del prossimo 25 settembre.

Le contestuali elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana e del Parlamento italiano cadono in un tempo segnato dalla globale crisi dei meccanismi di rappresentazione e di partecipazione delle democrazie contemporanee. Giorno 25 si vota per i prossimi 5 anni e si vota per decidere se la Sicilia abbia ancora una speranza o se vuole essere, una volta e per sempre, colonia di interessi particolari e condannata alla desertificazione.

Innanzitutto desertificazione della propria rappresentanza politica: la spregiudicatezza con cui vengono imposte nel Collegio della Camera e del Senato, le onorevoli Vittoria Brambilla e Stefania Craxi è il segno di una presa in giro evidente e smaccata. Mai più, votando loro, vedremmo tornare indietro il nostro consenso, sotto forma di progetti e iniziative a vantaggio del territorio.

Desertificazione delle nostre risorse: la proposta di autonomia differenziata che viene dal centro-destra mira a rimodulare le assegnazioni del PNRR che, al momento, prevedono per la Sicilia ben 50 miliardi di euro di investimenti. Se dovessero vincere le destre saremmo condannati a perdere per sempre un’occasione irripetibile di sviluppo e di reintegro dei servizi che oggi languono, dalle infrastrutture alla sanità, dal diritto allo studio alla digitalizzazione, dal turismo di qualità all’attenzione all’agricoltura, dall’acqua pubblica alle aree interne. Desertificazione del nostro capitale umano e della nostra base demografica: le condizioni o, meglio, le non condizioni di lavoro dei nostri giovani sono diventate motivo di fughe che desertificano innanzitutto le famiglie, le comunità, le scuole, le energie intellettive della nostra Regione, destinata a diventare bacino di estrazione di figli e nipoti, con immobili buoni per l’abbandono e saperi delle nostre tradizioni completamente dispersi. Desertificazione dei nostri beni culturali: abbiamo assistito a risorse dissipate per mega-progetti sui cavalli e per dare in mano la cultura siciliana alla Lega. La Regione con le più ricche testimonianze storico-culturali, archeologiche, architettoniche, naturalistiche, immateriali, non ha e non avrà un piano strategico per la messa a sistema a fini turistici e di ricerca. Basti vedere quanto accade nella provincia di Caltanissetta, con tutti i siti archeologici chiusi, per averne un esempio oggettivo.

Desertificazione del nostro territorio: la proposta di Stefania Craxi, riportata in un’intervista su «La Sicilia» (11 settembre), prevede che la Sicilia diventi un hub energetico, cosa che già è nei fatti e lo sarà comunque ancora di più nei prossimi anni con il previsto incremento soprattutto degli impianti fotovoltaici; quindi disinformazione e slogan: infatti la Craxi non ci dice su quali terreni, produttivi o improduttivi, con che tipo di impianti. Da granaio dell’impero a piattaforma per l’energia nazionale. E in tutto questo non una parola per le nostre filiere agroalimentari e i nostri piani paesaggistici, che sono il perno di una vocazione antica, ma che parla anche di futuro e di giovani imprenditori.

Giorno 25 settembre il PD propone un’occasione per il nostro territorio che non può andare sprecata e che parla di Sicilia, di rinnovamento nei metodi, di volti nuovi, di società civile, di professionalità accertate.

Se oggi assistiamo ad una generale rassegnazione, è anche perché i partiti politici non hanno saputo offrire risposte adeguate alle nuove domande che emergevano dalla cittadinanza, generando in questo modo rabbia e frustrazione. In questo contesto sono emerse ed hanno trovato spazio proposte politiche semplificate e personalizzate, spesso animate dal mito dell’uomo solo al comando, dalla paura del diverso, dalla chiusura nazionalista, dal rifiuto della cultura e più in generale della complessità. Proposte apparentemente popolari, ma sostanzialmente reazionarie e conservatrici, volte a contrarre la sfera dei diritti delle persone a vantaggio di interessi parziali.

Al contempo, però, sono emerse nuove esperienze di civismo democratico, di mutualismo, di sussidiarietà e di partecipazione attiva. Esperienze maturate nel mondo dell’associazionismo, nelle migliori sperimentazioni delle organizzazioni sindacali, nella rete digitale ed in tante amministrazioni locali.

Spesso la politica istituzionale non ha saputo interpretare queste esperienze. La mia candidatura indipendente è animata proprio dal dialogo tra il Partito Democratico ed il movimento civico Più Città di cui sono espressione, e mira al protagonismo di altre realtà associative, di forze sociali, di espressioni del mondo della cultura, dell’artigianato e delle professioni, per una politica che ritorni a essere più prossima ai problemi delle persone e più attenta alle domande dei territori e che non sprechi le proprie energie nel mero esercizio del potere.

In particolare, il mio profilo professionale, da docente di Linguistica italiana e dialettologia siciliana presso i corsi di laurea di Palermo e Agrigento, mi spinge a mettere al centro di ogni azione futura la Scuola. La Regione Siciliana registra nel Mezzogiorno uno dei tassi più elevati di dispersione scolastica e di scarso profitto nelle competenze di lettura e comprensione di un testo in lingua italiana e in lingua inglese, oltre che nelle capacità di calcolo matematico. Questo dato impone la necessità di affrontare una questione educativa che non può essere esclusivamente lasciata alla risoluzione di dirigenti e insegnanti, sempre più obbligati a gestire – in classi numerose e non sempre logisticamente funzionali – bisogni sociali di inclusione e integrazione, prima ancora che di formazione. Le scuole restano in molti contesti gli ultimi presidi di cittadinanza, ma la qualità dell’insegnamento non può essere assicurata sotto la spada di Damocle della perdita di classi che minacciano emigrazioni verso il Nord dei più giovani insegnanti o di pratiche di burocratizzazione che avviliscono il ruolo professionale del docente.

La scuola nei nostri territori si scontra, oltre che con riforme scellerate, con difficoltà molteplici che vanno dal pendolarismo su strade pericolose ai deficit di molti edifici, dalla numerosità delle classi alla carenza di mense. Tornare a parlare di riforma della Scuola è perciò irrinunciabile, valutando gli osservatori sulla dispersione, sui risultati INVALSI e sui NEET. Dai tempi di Leonardo Sciascia ad oggi molti maestri possono testimoniare di non registrare significative differenze rispetto alla povertà educativa da contrastare.

Dagli asili nido per tutti all’Università, il territorio deve potere assicurare una ampia e qualificata offerta pubblica che estenda per tutte le situazioni di necessità il tempo scuola e consenta di apprendere sé stessi con l’affiancamento di varie figure di riferimento oltre agli insegnanti (psicologi, docenti di Italiano L2).

Una proposta convincente a tale problema sembra provenire dal Forum Disuguaglianze e Diversità che ha fatto della sperimentazione dei patti educativi di comunità una leva di riscatto sociale tra le mura scolastiche, promuovendo la rigenerazione degli apprendimenti e, nel contempo, degli spazi urbani, allacciando interessi ed obiettivi eterogenei tra le diverse comunità operanti in uno specifico territorio. E dunque:

✔ asili nido per tutti, con spazi di sostegno alla genitorialità;

✔lotta alla dispersione scolastica, con il tempo pieno e i patti educativi di comunità;

✔ ambienti di apprendimento accoglienti e stimolanti (vedi le esperienze positive dell’asilo nel bosco), senza

classi pollaio;

✔ allocamento di risorse per la Legge per il diritto allo studio;

✔ attenzione alle studentesse e agli studenti pendolari;

✔ rilancio di una virtuosa ed efficace formazione professionale e degli Istituti Tecnici Superiori, in coerenza con le richieste lavorative dei territori;

✔ politiche di alfabetizzazione e inclusione scolastica per le persone migranti, in collaborazione con CIPIA e Università.

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