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Palma di Montechiaro. Arrestata 50enne, non fu il marito ma lei a lanciare l’acido contro l’ex 

Palma di Montechiaro (AG). La Polizia di Stato esegue un provvedimento di custodia cautelare in carcere per i reati di calunnia e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso.

La Procura di Agrigento ha chiesto l’arresto di Silvana Sfortuna, 50 anni (difesa dall’avvocato Giuseppe Vinciguerra), che ad inizio dicembre denunciò di essere stata aggredita dal marito, Saro Gioacchino Morgana, 48 anni, (assistito dal suo legale Calogero Sferrazza) che avrebbe anche tentato di sfregiarla con l’acido. Secondo le risultanze investigative odierne, la vicenda sarebbe avvenuta al contrario e cioè che lei avrebbe provato a sfregiare il marito con l’acido. E puntuale è arrivato il provvedimento del Gip, Micaela Raimondo che ha ordinato l’arresto della 50enne, spedendola nel carcere Petrusa di Agrigento, accusata di aver ferito in maniera grave l’ex, lanciandogli l’acido contro. Le accuse mosse con specifica richiesta, del 26 dicembre scorso alla donna, dal pubblico ministero Maria Barbara Grazia Cifalinò sono di lesioni personali gravissime (sfregio permanente) e calunnia aggravata. Moragana si è sempre proclamato innocente ma nonostante ciò, lo scorso 5 dicembre è stato arrestato e trattenuto nel reparto grandi ustioni dell’ospedale Cannizzaro di Catania. L’uomo durante il periodo di detenzione ospedaliera ha subito già un paio di interventi chirurgici per ridurre l’entita delle ferite. Moragana aveva dichiarato nella immediatezza dei fatti: “E’ stata lei a cercarmi per riappacificarsi ed è stata lei ad aggredirmi e a buttarmi l’acido addosso”.  Oggi questa versione ha ribaltato le accuse. Ma non si hanno notizie al momento di provvedimenti tesi alla restituzione della libertà per Saro Gioascchino Morgana. La versione della donna  è stata diametralmente opposta, come detto, a quella della del marito trovando una prima conferma nel provvedimento di cattura spiccato nei confronti dell’uomo. La 50enne aveva infatti dichiarato di essere fuggita in una struttura protetta dopo avere subito violenze e maltrattamenti insieme alla figlia nata da un precedente matrimonio e indicata anche lei come “parte offesa”. Quella mattina, inoltre, avrebbe commesso l’imprudenza di contattarlo per concordare la consegna di alcuni oggetti della figlia che erano rimasti nell’abitazione e sarebbe stata aggredita con dell’acido che le ha provocato ustioni e sfregi permanenti al volto. La donna ha detto di averlo cercato, dopo la collocazione nella struttura protetta, perchè voleva che lasciasse traccia delle violenze commesse attraverso i messaggi. Poi, una serie di interviste rilasciate anche alla Rai aveva mostrato una donna diversa da quella che aveva denunciato il marito. 

Alla base del nuovo provvedimento di cattura ci sarebbero attività invevstigatigve svolte dal personale del Commissariato di Palma di Montechiaro guidato da Maria Lucia Lombardo, intercettazioni soprattutto che hanno svelato agli inquirenti una realtà diversa da quella narrata. La bottiglia di acido poi versato sull’uomo si sarebbe rivelata la prova schiacciante: sembra che ad acquistarla non sia stato Morgana. E le intercettazioni hanno fatto il resto consigliando il pm Cifalinò a richiedere l’arresto senza aspettare gli accertamenti irripetibili già fissati per i primi di gennaio.

Di seguito il comunicato stampa ufficiale della questura di Agrigento: 

Nella serata di ieri, 28 dicembre 2023, a Palma di Montechiaro (AG), personale della Squadra Mobile e del locale Commissariato di P.S. ha dato esecuzione ad un’ordinanza emessa, in pari data, dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Agrigento, con la quale è stata disposta l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere a carico di una donna di Palma di Montechiaro di 50 anni.

La donna è indagata per i reati di calunnia e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, di cui agli artt. 583 quinquies e 368 del codice penale, commessi, in data 5 dicembre 2023, in danno dell’ex coniuge, anch’esso di Palma di Montechiaro, di 48 anni.

Nello specifico, il 5 dicembre 2023 la donna aveva denunciato il suo ex marito, asserendo di essere stata aggredita con l’utilizzo di una sostanza corrosiva.

L’uomo era stato tratto in arresto nella quasi flagranza del reato di tentata deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso.

Le indagini, subito intraprese dalla Squadra Mobile e dal Commissariato di P.S. di Palma di Montechiaro, sotto la direzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento, hanno portato a rovesciare il quadro accusatorio inizialmente prospettatosi a carico dell’uomo.

Ulteriori dettagli sono stati resi noti nel corso della conferenza stampa che si è tenuta alle ore 11,00 presso i locali della Questura, alla presenza del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento, dr. Giovanni DI LEO.

All’incontro con i giornalisti erano presenti anche il vicario della Questura Francesco Marino, il capo e vicecapo della Mobile Vincenzo Perta e Andrea Palermo e la responsabile del Commissariato di Palma di Montechiaro Maria Lucia Lombardo. Il procuratore Di Leo ha detto: “Allo stato attuale è certo che era indispensabile rimettere in libertà il marito, che era stato attinto da misura cautelare per lo stesso identico reato e lo si è fatto, compatibilmente con i tempi processuali, che non sono i tempi della comunicazione mediatica, per fatti di questo tipo. L’esito delle attività investigativa e degli accertamenti tecnici, svolti compatibilmente con la disponibilità del personale, ha permesso di far eseguire l’ordinanza a carico della donna, per reati di particolare gravità che prevedono una pena superiore ai 20 anni. Le intercettazioni e gli accertamenti svolti dalla Squadra Mobile, dalla polizia Scientifica e dal mio ufficio hanno portato, in breve tempo, a capovolgere quelle che erano le nostre prime impressioni sul caso, accertando una dinamica completamente opposta a quella che era stata proposta nell’immediatezza dalla stessa indagata e oggi sottoposta a custodia cautelare”. L’interrogatorio di garanzia della donna, arrestata con l’accusa di avere sfregiato con l’acido il marito quarantottenne, si terrà sabato mattina, alle 9, alla Casa circondariale di Agrigento. L’indagata è difesa dall’avvocato Giuseppe Vinciguerra. Deve rispondere di calunnia e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni o sfregio permanenti al viso. Il Gip del Tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, che ha firmato l’ordinanza cautelare in carcere a carico della donna, ha ordinato l’immediata liberazione nei confronti del marito, nei cui confronti sono venuti meno tutti i gravi indizi di colpevolezza. 

Il quarantottenne era stato arrestato il 5 dicembre scorso dai poliziotti del Commissariato di Palma di Montechiaro, con le accuse di lesioni gravissime ai danni della moglie, con cui è in fase di separazione. Da sempre le due versioni sono state opposte. La moglie, collocata in una struttura protetta dopo avere denunciato maltrattamenti, ha raccontato che l’uomo le avrebbe spruzzato una bottiglia di acido in volto provocandole ustioni nella parte destra del viso. Le indagini dei poliziotti della Squadra Mobile di Agrigento, coordinati dal procuratore Giovanni Di Leo, hanno ribaltato la ricostruzione. “Dovremo accertare se la bottiglietta l’ha portata in casa la signora o era già dentro l’abitazione, ma probabilmente l’ha portata la signora. Questo sembra dedursi dalle immagini di cui siamo in possesso”, spiega il procuratore Di Leo rispondendo alla domanda del giornalista Nino Ravanà presente nella sala “San Michele” della Questura. “Non ho neppure toccato la bottiglietta, è stata lei ad aggredirmi”, ha sostenuto sin dal giorno dell’arresto il quarantottenne. Il suo legale Calogero Sferrazza aveva presentato istanza al Tribunale del Riesame di Palermo definendo falsa la versione della cinquantenne. Ad avere la peggio, infatti, è stato il marito rimasto ustionato in maniera grave alle mani, al volto e al collo tanto da essere ancora ricoverato al Centro grandi ustioni dell’ospedale “Cannizzaro” di Catania, dove ha subito diversi interventi chirurgici. “Il dato oggettivo è che il 48enne non sarà mai più lo stesso uomo”, ha aggiunto ancora il procuratore della Repubblica.

“Le intercettazioni restano uno strumento investigativo indispensabile ed ineliminabile – ha evidenziato ancora il procuratore Di Leo -. Anche per questi reati. Ma non c’è stato un momento emblematico di svolta. La situazione appariva poco chiara fin dal principio perché io non ho mai visto una donna aggredita con l’acido che ha lesioni limitate e superficiali e l’aggressore viceversa fisicamente distrutto. E questa era la prima enorme anomalia nella narrazione resa dalla signora in ospedale davanti al pubblico ministero Cifalinò. Preso atto di questo, abbiamo deciso di agire con la massima prudenza facendo tutti gli accertamenti. Io stesso sono andato a fare un sopralluogo sulla scena del crimine assieme al Gabinetto di polizia Scientifica quando abbiamo avuto la disponibilità del personale che, per quello che accade in Sicilia, dovrebbe avere 150 persone per essere presente dovunque, in tempo reale, come la cronaca televisiva e giornalistica vorrebbero. Ma non è così e quindi abbiamo dovuto aspettare”. “Quando abbiamo avuto il personale del Gabinetto di polizia Scientifica ci siamo fatti un’altra idea. Poi la polizia giudiziaria ha svolto ulteriori indagini a riscontro – ha proseguito Di Leo -, abbiamo verificato che alcune cose che ci erano state dette nell’immediatezza non rispondevano a verità, ulteriori contraddizioni. L’idea diversa deve essere poi, naturalmente, compendiata, riscontrata, confortata, verificata. E allo stato siamo arrivati a questo punto. Una vicenda a me sembra nella sua dinamica materiale abbastanza chiara”. Il 9 gennaio sono fissati gli esami di laboratorio sulla bottiglietta e la borsa contenente gli indumenti sequestrati dalla polizia Scientifica.

Durante la conferenza stampa ancora una volta, il procuratore Di Leo ha richiamato i giornalisti. “L’invito è alla massima cautela. Se è stata fatta una legge, a garanzia dell’indagato, per cercare di frenare questo modo di fare informazione, questo è un caso che dà ragione al legislatore. Come s’è visto, già nella fase delle indagini preliminari l’apparenza iniziale è stata capovolta. L’accertamento dei fatti è un’attività complessa, che prevedono più attori, e l’accertamento processuale prevede il contraddittorio, quello che ne risulterà va trattato con prudenza, lo scopo delle indagini penali è accertare i fatti nella loro materiale realtà, non nella narrazione che di questi fatti viene fatta. Non è compito della Procura insegnare il mestiere della stampa, ma non è compito della stampa insegnare alla polizia e alla Procura della Repubblica come si fanno le indagini. E soprattutto non ci si può sostituire agli organi che sono istituzionalmente preposti a fare le indagini in nome di un preteso diritto di cronaca. La cronaca è un dovere, bisogna comunicare il fatto, ma costruire realtà diverse non è compito degli organi di stampa. Bisogna aspettare e avere la pazienza d’aspettare”.

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