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Agrigento: 30 anni fa la visita di Papa Wojtyła, varie manifestazioni. 9 maggio beatificato Rosario Livatino 

Questa mattina ad Agrigento, alla Valle dei Templi, c’è stata la marcia “Studenti in cammino per la legalità” da Piano San Gregorio al Tempio della Concordia. Hanno partecipato la massime autorità locali e provinciali, i vertici delle forze dell’ordine, e soprattutto centinaia di studenti provenienti da ogni parte della provincia. Infine nel pomeriggio in Piazza Vittorio Emanuele il “Pellegrinaggio penitenziale” fino alla Cattedrale e Santa Messa, presieduta dall’Arcivescovo Monsignor Alessandro Damiano. Oggi, 9 maggio, ricorre anche il secondo anniversario della beatificazione del giudice canicattinese Rosario Livatino.

Al grido “viva il Papa”, “legalità” e “rispetto” diverse delegazioni delle scuole della provincia di Agrigento hanno partecipato alla marcia per la legalità alla Valle dei Templi, nel trentennale della visita di Papa Giovanni Paolo II ad Agrigento, ma anche dallo storico anatema del pontefice polacco contro la mafia. Nella Valle dei Templi, il 9 maggio del 1993, il Papa pronunciò parole durissime contro i boss invitandoli alla conversione. “Convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio”, disse davanti alla chiesa locale e a migliaia di cittadini.

Nel trentennale di quella visita tante le iniziative che si sono tenute in questi giorni. 

Con la consegna delle reliquie di Papa Giovanni Paolo II alla cattedrale di San Gerlando di Agrigento, domenica 7 maggio, sono entrate nel vivo le cerimonie. 

È una piccola teca dorata con dentro un sangue prezioso, di un Santo, la reliquia di primo grado, «ex sanguine», di Papa Giovanni Paolo II. I corrieri diplomatici autorizzati ad effettuare il trasporto da Cracovia ad Agrigento, Danylo Tkanko e Omar Giampaolo Mohamed Ahmed, hanno consegnato il frammento sacro all’Arcivescovo, monsignor Alessandro Damiano. 

«Da azioni di morte – ha commentato monsignor Damiano – possono fiorire azioni di vita. Da cristiani non possiamo leggere l’anatema del Papa come minaccia, ma come un messaggio speranzoso ed un appello alla conversione per tutti. Il dono di questa reliquia rende presente Giovanni Paolo II in questa nostra terra, in questa nostra Diocesi. Così abbiamo il sangue di San Giovanni Paolo II, e anche il sangue di cui è intrisa la camicia del Beato Angelo Livatino. E dal sangue viene la vita. Due testimonianze che devono spingerci ad essere custodi della vita in tutte le sue forme e in tutte le sue manifestazioni».

La reliquia è stata donata all’Arcidiocesi di Agrigento dal cardinale Stanislao Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia, noto per i suoi quarant’anni come segretario particolare di papa Wojtyla. La preziosa teca sarà incastonata in una icona in cui è raffigurato il volto del Papa Santo con lo sfondo delle colonne doriche, simbolo della Città, donata dalla Fondazione Valle dei Templi, con il suo patron Enzo Bellavia e consegnata  dal sindaco Francesco Miccichè. «La nostra Agrigento –ha detto il sindaco – è stata definita dal Papa anche città della Concordia e della pace. E oggi con la nomina di Capitale della Cultura quelle parole sembrano profetiche».

«Che queste reliquie – ha aggiunto Omar Giampaolo Mohamed Ahmed cavaliere dell’Ordine dei Santi Contardo e Giuliano – possano rappresentare un momento di rinascita». Autore dell’immagine religiosa è l’artista ucraino, Roman Vasylyk, che ha conosciuto personalmente Papa Wojtyla. «Questo – ha spiegato Enzo Bellavia – è solo il primo segno di una proficua collaborazione che porteremo avanti con l’associazione di artisti Ucraini. Siamo felici di avere contribuito alla realizzazione di questa iniziativa». La reliquia sarà custodita nel Palazzo Arcivescovile. Alla cerimonia di consegna è seguita la celebrazione della Messa trasmessa su Rai1. A presiederla è stata monsignor Damiano che durante l’omelia ha ricordato i due grandi testimoni del nostro tempo. «San Giovanni Paolo II, esattamente trent’anni fa, il 9 maggio 1993 –ha detto – affermò, qui nella nostra Agrigento: Dio ha detto una volta: non uccidere. Non può uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio». 

Al Teatro Pirandello, l’8 maggio, si è tenuta la conversazione dal tema “Come è mutata la mafia? Quale sentiero ha percorso la Chiesa?”. Dopo i saluti del sindaco Francesco Miccichè sono intervenuti illustri personaggi del mondo della chiesa e della magistratura, moderati dal giornalista Fabio Marchese Ragona. Tra loro l’ex procuratore capo di Palermo, oggi a capo del tribunale Vaticano, Giuseppe Pignatone; Caterina Chinnici, magistrato e deputato del Parlamento Europeo,  Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale e presidente della CESi. A concludere i lavori è stato l’arcivescovo di Agrigento, Alessandro Damiano. Così il capo della chiesa agrigentina:“Convertitevi. un messaggio importante, uno scossone alle coscienze di tutti. Sono passati trent’anni ed è cambiata la sensibilità, certamente più matura rispetto al fenomeno mafioso. Se ne parla, si ha una consapevolezza maggiore. Ma oltre all’azione criminale, che è facile da vedere, bisogna prendere le distanze da un atteggiamento di mentalità mafiosa che è più difficile da vedere. A volte si è contaminati da queste logiche.”

Così il vescovo di Acireale, mons. Raspanti: “Il tentativo dell’impianto mafioso è quello di costruirsi un Dio a propria immagine e somiglianza da imporre ed è proprio per questa ragione che si contrappone con Gesù Cristo che ha dato i criteri per riconoscere un vero discepolo da una falsa religiosità. Mai e poi mai i mafiosi intendono sottoporsi al giudizio della chiesa.” 

Le parole dell’eurodeputata e magistrato Chinnici: “Con quel grido ha espresso la sofferenza ma anche la forza di ribellarsi ed è stato ripreso da Papa Benedetto XVI e Papa Francesco. È fondamentale il contributo della Chiesa, insieme alle istituzioni, per cambiare cultura e coscienze. Tanto è stato fatto, molto è cambiato ma non si può abbassare la guardia. Bisogna lavorare soprattutto rivolgendosi ai più giovani, insegnare la legalità.” Così il capo del tribunale Vaticano, Giuseppe Pignatone: “Quel discorso che il Papa fece ad Agrigento ebbe la reazione delle bombe a Roma e in qualche modo anche la morte di don Pino Puglisi. Noi abbiamo traccia di una intercettazione di dodici anni dopo in cui un mafioso palermitano, assistendo al funerale di Papa Giovanni Paolo II, commentò l’anatema lanciato dal Papa come una “sparata” che non potrà mai perdonare. Dodici anni dopo quei fatti, davanti il cadavere del Papa, il mafioso ricordava ancora quelle dure parole del Pontefice.”

In occasione delle celebrazione in memoria dei Papi in terra agrigentina, nel mese dedicato a Papa Giovanni Paolo il Museo Diocesano, oltre al riallestimento della stanza che ospitò Giovanni Paolo II nel 1993, propone una rilettura del grido del pontefice nella Valle dei Templi. Lo fa partendo dalla rilettura dell’uccisione del Presidente della Regione Piersanti Mattarella, il 6 gennaio 1980, alla luce della sua convinta adesione alla fede cristiana e alla fedeltà alla Chiesa imparata fin da piccolo in famiglia e poi tradotta in età giovanile nell’Azione Cattolica e nelle frequentazioni con tanti uomini di fede nel salotto di casa, tutte accuratamente indicate nelle pagine del libro di Giovanni Tesè, autore del libro, riesce a far emergere come in una filigrana ciò che veramente spingeva quotidianamente Piersanti ad assumere decisioni che all’apparenza sembravano solamente “scelte politiche”. 

La presentazione del libro, che consentirà l’approfondimento del cristiano e politico Piersanti Mattarella si svolgerà il 22 maggio alle ore 18,00 nelle sale del Museo Diocesano di Agrigento in Via duomo 96. Il direttore, dott.ssa Domenica Brancato, ha reso noto che oltre all’autore saranno presenti il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani e Leoluca Orlando, Felice Cavallaro, Rino La Placa e Enza Ierna come relatori.

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