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Corruzione, arresto Toti: si indaga sul voto dei clan di Riesi, chi sono i fratelli spietati e la signora di Cosa nostra

Il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti è agli arresti domiciliari nell’ambito di una inchiesta della Dda genovese e della guardia di finanza. L’accusa è di corruzione.

Il fascicolo di indagine sarebbe stato aperto per presunte tangenti al porto. 

L’ordinanza di applicazione di misure cautelari (coercitive e interdittive) personali e reali emessa dal Gip di Genova, su richiesta della Procura della Repubblica, ed eseguita dalla Guardia di finanza, riguarda anche Paolo Emilio Signorini, Aldo Spinelli, Roberto Spinelli, Mauro Vianello, Francesco Moncada, Matteo Cozzani, Arturo Angelo Testa, Italo Maurizio Testa e Venanzio Maurici.

Paolo Emilio Signorini, gia Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale (accusato di corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio, destinatario della misura della custodia cautelare in carcere). Toti, accusato di corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio, è stato sottoposto agli arresti domiciliari. Aldo Spinelli, imprenditore nel settore logistico ed immobiliare, anche lui ai domiciliari, è accusato di corruzione nei confronti di Paolo Emilio Signorini e di Toti. Roberto Spinelli, imprenditore nel settore logistico ed immobiliare, colpito dalla misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attivita imprenditoriale e professionale, è accusato di corruzione nei confronti di Toti.

Mauro Vianello, imprenditore operante nell’ambito del Porto di Genova, anch’egli sottoposto al divieto temporaneo di esercitare l’attivita imprenditoriale e professionale, risponde di corruzione nei confronti di Paolo Emilio Signorini. Francesco Moncada, consigliere di amministrazione di Esselunga spa e pure raggiunto dal divieto temporaneo di esercitare l’attivita imprenditoriale e professionale, è accusato di corruzione nei confronti di Toti. Tra gli arrestati c’è Matteo Cozzani, capo di gabinetto e braccio destro del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. Per Cozzani si ipotizza il reato di «corruzione elettorale» con l’aggravante di aver agito al fine di agevolare l’attività di Cosa Nostra, e in particolare il clan Cammarata del mandamento di Riesi , che ha articolazioni a Genova.

Cozzani è accusato pure di corruzione per l’esercizio della funzione. Arturo Angelo Testa e Italo Maurizio Testa, rappresentanti della comunita riesina di Genova e destinatari dell’obbligo di dimora nel Comune di Boltiere, sono accusati del reato di corruzione elettorale aggravato dall’agevolazione di Cosa Nostra.
Venanzio Maurici, destinatario dell’obbligo di presentazione alla p.g., risponde di corruzione elettorale aggravato dall’agevolazione di Cosa Nostra.

Il clan Cammarata di Riesi, affiliato a Cosa nostra, chiamato in causa nell’inchiesta di Genova che ha coinvolto i vertici istituzionali della Liguria, è uno dei più spietati, pericolosi e potenti della Sicilia.

A capo della cosca è Pino Cammarata, considerato il capomafia. Accanto a lui, i suoi fratelli Vincenzo e Francesco, tutti ergastolani e condannati al 41 bis. I cosiddetti «fratelli terribili» per anni hanno gestito i traffici illeciti del territorio e si sono macchiati di delitti efferati. Ai domiciliari, al momento, con l’accusa di associazione mafiosa, c’è anche la sorella dei tre boss, la settantenne Maria Catena (nella foto), ritenuta la «Signora di Cosa nostra». Appena qualche mese fa è stata condannata, in via definitiva a 11 anni di reclusione per mafia e pizzo.

Dopo l’arresto dei tre fratelli, secondo gli inquirenti, sarebbe stata proprio lei a gestire gli affari di famiglia. Il clan Cammarata è stato tra i protagonisti della guerra di mafia scoppiata nel Nisseno negli anni Novanta.

Una guerra tra Cosa nostra da un lato e gli stiddari dall’altro. Per anni il clan Cammarata ha predominato sul territorio ma dopo la violenta faida di quegli anni ha subito anche duri colpi da parte dello Stato. Per sfuggire alla cattura, per paura di essere ucciso o dopo anni di carcere, molti affiliati e uomini d’onore, hanno lasciato Riesi per proseguire i loro affari illeciti, nel nord Italia.

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