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21 gennaio, Canicattì: La festa di Sant’Agnese. Pillole di storia del prof. Gaetano Augello

Li ‘nciambillari in azione per la festa di Sant’Agnese. 

Alla festa della martire romana Sant’Agnese è collegata un’antica tradizione canicattinese.

La Santa – si sa – è sempre raffigurata con un agnellino in braccio. Secondo alcuni ciò deriva dall’assonanza tra Agnese e agnello. Secondo i più, invece, dal fatto che la Santa sarebbe stata uccisa, all’età di dodici anni, con un colpo di spada alla gola, nello stesso modo in cui venivano sgozzati gli agnelli.

A Roma, nella basilica di Sant’Agnese sulla Nomentana, il 21 gennaio di ogni anno, vengono benedetti due agnelli allevati da religiose; quindi, con la loro lana, vengono confezionati dalle monache benedettine di Santa Cecilia i sacri pallii (specie di stole) che vengono assegnati dal papa ai patriarchi e agli arcivescovi metropoliti.

Nella tradizione cristiana sono presenti riti analoghi in molte chiese. Il 21 gennaio si svolgevano delle brevi sacre rappresentazioni con la presenza di una ragazzina con in braccio un agnellino.

Fino a qualche anno fa anche a Canicattì il 21 gennaio si svolgeva una cerimonia analoga nel Duomo di San Pancrazio e in altre chiese. Ma la più significativa era quella della chiesa di San Domenico.

Ai tempi del parroco Paolo Meli – il grande amico del barone Agostino La Lomia – la festa era gestita da due pasticciere, dette li ‘nciambillari: la zia Rosalia Guadagnino e la nipote Concettina che sarebbero morte quasi centenarie.

Nella mattinata – davanti all’altare della Madonna del Rosario – si svolgeva una cerimonia che aveva come protagonista una ragazzina vestita di bianco che sorreggeva, durante tutta la messa, un agnellino: simbolo della purezza lei e del martirio la povera bestia.

Al termine della cerimonia, le Guadagnino offrivano a tutti le ciambelle profumate, cotte al punto giusto, preparate la sera prima nella vecchia casa a piano terra di viale Regina Margherita, allora estrema periferia del paese.

Lo stesso dolce incarico era svolto dalle due donne durante le prime comunioni, in tempi in cui bisognava restare a digiuno per ore prima di ricevere l’ostia e i bambini soffrivano la fame. Rosalia e Concettina, appena padre Meli terminava la messa, facevano uscire dalle sottane – ancora dentro la chiesa – le loro ciambelle e le offrivano ai bambini, una da destra e l’altra da sinistra.

(Prof. Gaetano Augello)

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