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Operazione Condor: Perquisite le case dei boss Buggea, Boncori e Chiazza. Quaranta parla dei rapporti con il Boss Di Caro di Canicattì 

Il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Vittorio Stingo, sull’operazione antimafia Condor, ha dichiarato:”L’arma dei carabinieri ha colpito in maniera importante le organizzazioni mafiose che interferiscono con la serenità e il buon andamento di questo territorio. Il nostro obiettivo è liberare la provincia di Agrigento. I nostri obiettivi sono i capi della mafia, quelli che si atteggiano a reggenti e figure di spicco dell’organizzazione. Tagliando le teste ai vertici riusciamo a liberare le città e restituiamo ai cittadini la forza di denunciare estorsioni, incendi, danneggiamenti.” 

I carabinieri del Comando provinciale di Agrigento e i loro colleghi del Ros, ieri mattina, durante l’esecuzione dell’ordinanza, hanno eseguito complessivamente 23 perquisizioni, ed anche nei confronti di tre imputati dell’operazione “Xydi”, di cui l’operazione “Condor” rappresenta la continuazione. Si tratta di Giancarlo Buggea, Luigi Boncori e Antonino Chiazza.

Anche se nei loro confronti non ci sarebbero nuove accuse, secondo i pubblici ministeri della Dda di Palermo Alessia Sinatra e Claudio Camilleri “vi è il fondato motivo di ritenere che gli stessi abbiano disponibilità di documentazione, anche contenuta in supporti informatici, utile per il prosieguo delle indagini preliminari e comunque utile a ricostruire i rapporti fra gli indagati e le vicende per le quali si procede”. Sono state perquisite le loro abitazioni e gli altri luoghi ritenuti nella disponibilità dei tre, finalizzate alla ricerca di prove e riscontri su alcuni aspetti dell’indagine. Buggea e Boncori sono stati già condannati, in primo grado, a 20 anni di reclusione ciascuno al processo con il rito abbreviato, mentre Antonino Chiazza è stato rinviato a giudizio, e proprio ieri mattina c’è stata un’udienza del processo con il troncone ordinario al Tribunale di Agrigento.

Nelle pagine dell’ordinanza “Condor” firmata dal Gip del Tribunale di Palermo, Filippo Serio, vengono ricostruiti, attraverso il collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta di Favara, i rapporti fra i palmesi Nicola Ribisi e Antonio Chiazza (inteso Tonino) che è stato arrestato nel blitz “Xydi”. Quaranta, nel verbale di interrogatorio reso il 16 marzo 2019, ha riferito che è stato lui ad ottenere dal capo mandamento di Canicattì, Calogero Lillo Di Caro, che il presunto Stiddaro, Tonino Chiazza pur non essendo uomo d’onore, venisse rispettato dagli altri associati a Cosa Nostra.

“Nicola Ribisi, forte dell’autorevolezza di cui gode all’interno della consorteria mafiosa, ottenne dal capo mandamento di Canicattì, Calogero Di Caro, l’autorizzazione al trasferimento di Antonino Chiazza all’epoca a disposizione dello stesso Ribisi”. “Tonino Chiazza mi raccontava personalmente che ci siamo incontrati in un bar di Favara che lui è a disposizione con la vita di Nicola Ribisi, in qualsiasi momento lo chiama, lui corre. Nicola Ribisi ha mandato a dire a uomini di Cosa nostra, ma non mi ha detto il nome di chi erano, ma lo posso immaginare a chi lo ha detto … che Tonino Chiazza è un fratello di Nicola Ribisi, lo devono rispettare come tale, e lui ha gravato tanto questa raccomandazione di Cosa Nostra di Canicattì”. Ulteriore conferma della partecipazione del Ribisi, in epoca successiva alla sua scarcerazione, a numerose riunioni con il capo del mandamento di Canicattì, Lillo Di Caro, per la trattazione della posizione del Chiazza all’interno dello scacchiere mafioso di Canicattì, emergeva dal colloquio captato il 10 luglio del 2020. “A chi mi hai portato dentro?” avrebbe chiesto Lillo Di Caro, al boss di Palma di Montechiaro Nicola Ribisi. Il riferimento è ad Antonino Chiazza. Le operazioni “Xidy” e “Condor”, eseguite a distanza di un anno l’una dall’altra dai carabinieri del Comando provinciale di Agrigento e dai loro colleghi del Ros, fotografano i rapporti tra le cosche, talvolta caratterizzati anche da frizioni, tra Cosa nostra e Stidda. Come quella avvenuta appunto in occasione del trasferimento di Chiazza a Canicattì soltanto dopo il benestare di Di Caro. Una presenza che non sempre sarebbe stata “gradita”, soprattutto alla luce di una costante spregiudicatezza di Chiazza nel territorio di Canicattì e nel campo delle sensalie. Così, secondo quanto emerso dalle indagini, Di Caro avrebbe “richiamato” nuovamente Ribisi: “Scenditene in paese e vai a risolverti le cose vicino la tua casa..per le cose di Canicattì me la vedo io.. per i paesani miei”. Il racconto di quanto avvenuto emerge da una intercettazione, effettuata nello studio dell’avvocato Porcello, tra lo stesso Chiazza e Buggea.

Sono cominciati stamani davanti al Giudice per le indagini preliminari Filippo Serio gli interrogatori delle persone rimaste coinvolte nell’operazione antimafia “Condor” che ha azzerato i mandamenti mafiosi di Palma di Montechiaro e Favara e che ha provocato l’arresto di nove persone. Oggi, presenti i pubblici ministeri che hanno coordinato l’inchiesta Condor, sono comparsi davanti al Gip del Tribunale di Palermo – in collegamento audio-video – Giuseppe Chiazza, 42 anni e l’operaio  Baldo Carapezza, 27 anni, entrambi di Palma di Montechiaro ed entrambi assistiti dagli avvocati Giuseppe Vinciguerra e Santo Lucia. I due detenuti, accusati di vari reati di pretto stampo mafioso, hanno preferito avvalersi della facoltà di non rispondere.

Nell’ambito dell’inchiesta “Condor” in carcere sono finiti: oltre ai palmesi Chiazza e Carapezza, anche Nicola Ribisi, 42 anni di Palma di Montechiaro, Giuseppe Sicilia, 43 anni di Favara e Domenico Lombardo, 31 anni, di Favara. Ai domiciliari: Ignazio Sicilia, 48 anni di Favara fratello di Giuseppe; Salvatore Galvano, 52 anni di Agrigento; Francesco Centineo, 38 anni di Palermo e Giovanni Cibaldi, 35 anni di Licata. Obbligo di dimora per Luigi Montana, 40 anni di Ravanusa.

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