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San Cataldo, Collettivo Letizia: I cittadini e i debiti con gli ATO. Caltanissetta ha pagato ma ha fatto bene? 

Nota stampa Collettivo Letizia: 

Lo scorso 11 ottobre, a Caltanissetta, si è svolto un consiglio comunale straordinario, aperto alla partecipazione di chiunque volesse apportare il proprio contributo, per dibattere sulla controversa  vicenda del pagamento di una somma rilevante da parte del Comune a favore dell’Ato Ambiente Cl 1 in liquidazione, a titolo di saldo della posizione debitoria che il Comune avrebbe avuto nei confronti della società d’ambito. Evidenziamo subito che questa vicenda interessa direttamente tutti gli altri comuni della società d’ambito,

Il Collettivo Letizia, sulla vicenda era già intervenuto nei mesi scorsi con due precedenti articoli, nei quali aveva espresso forti perplessità nei confronti dell’operato dell’A.C. di Caltanissetta, e ciò alla luce della recente ma consolidata giurisprudenza della Corte dei Conti, sia della sezione regionale di controllo della Sicilia che della analoga sezione della Lombardia.  A seguito della documentazione resa disponibile per la seduta e degli interventi che sul punto sono stati svolti, non solo dall’A.C. in carica, ma anche dai Sindaci delle precedenti Amministrazioni, si  possono trarre alcune conclusioni che di seguito andremo ad esplicitare.

Balza subito in evidenza il fatto che dal 2013 al 2018, l’Ato Ambiente non ha approvato i bilanci di esercizio, come prevede la legge. Non staremo qui a cercare le motivazioni di tale grave inadempimento, ma possiamo immediatamente svolgere la seguente considerazione:  su quali basi il Comune ha verificato l’annuale sussistenza dell’equilibrio contabile/finanziario della partecipata in assenza del bilancio, nonché le “causali” dei trasferimenti finanziari dal Comune alla società, ammontanti, stando alle “carte societarie”, ad € 24.348.771. (tali considerazioni sono quelle testuali della Sezione di Controllo della C.d.C. della R.S.). Ci si deve chiedere come mai  l’ente non abbia adottato le misure che doveva necessariamente adottare, visto l’accertamento della pronuncia  n. 207/2015 di oltre € 48 milioni di esposizione debitoria dell’ATO CL1 al 15.6.2015.  E’ veramente  incomprensibile il motivo per cui l’ente, anziché attivarsi  immediatamente, iniziando, a carico della partecipata, le azioni permesse dall’art. 1, co.3, e dall’art. 12, 2 co., del TUSP rinviando al Codice civile, ha tollerato la condotta illegale della partecipata. Alcune iniziative  per mettere a posto le relazioni finanziarie con ATO CLI 1. sono state poste in essere solo nel 2018. Le iniziative di cui si è detto sono sfociate nel contenzioso che l’A.C. di Caltanissetta, allora in carica,  ha avviato nei confronti della società d’ambito, nei cui confronti ha asserito di non avere debiti, come anche risultava dalla consulenza (due diligence) commissionata ad un docente universitario di Palermo.  Nel 2019, l’A.C. in carica decide di rivedere i propri rapporti nei confronti dell’Ato e arriva alla conclusione di procedere al pagamento del debito che la società d’ambito asseriva di vantare nei confronti dell’ente. E’ difficile  individuare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato  l’Amministrazione in carica a  rinunciare alle ragioni del contenzioso.  Al riguardo, il revisore dei conti del Comune, si era espresso nel senso che si profilava la violazione del c.d. “divieto di soccorso”.  A proposito di soccorso finanziario, che è stato il “mantra”, a cui per anni ha fatto riferimento la Regione Siciliana, a causa del quale i Comuni della società d’ambito hanno versato somme ingenti, tornano utili  i concetti esposti in materia dalla magistratura amministrativa e contabile svolgente funzioni in Sicilia. Tra le pronunce del Tar-Sicilia meritano attenzione  la n. 2427/2018, che ha rigettato la richiesta di condanna al pagamento complessivo di un milione di euro avanzata da una ditta fornitrice dell’ATO 2 PA a carico degli enti soci, sul presupposto della responsabilità patrimoniale di questi ultimi per inadempimento della prima. Quest’ultima sentenza chiarisce che, per l’art. 201 del D.Lgs. n. 152/2006, l’ATO è una struttura dotata di personalità giuridica con autonomia patrimoniale perfetta che implica una netta separazione del patrimonio della società e dei singoli soci, che, quindi, non possono essere chiamati a rispondere delle obbligazioni sociali. A seguire aggiunge: “La previsione dell’art. 3 dell’ordinanza n.8 RIF/27.9.2013, [..], detta esclusivamente una regola di ripartizione interna dei costi tra i comuni beneficiari del servizio espletato dalle ATO i cui crediti, maturati nei confronti degli enti locali, avrebbero potuto legittimare un’azione surrogatoria ex art. 2900 c.c. ricorrendone tutti i presupposti[..]Né i comuni possono considerarsi successori delle ATO, soppresse dalla L. r. n. 9/2010, stante il combinato disposto degli artt. 19 della L.R. n. 9/2010 e 45 della L. r. n. 11/2010 che, a tal fine, ha previsto il subentro delle gestioni liquidatorie. A sua volta, la magistratura della Corte dei conti in sede di controllo, affrontando l’argomento secondo profili strettamente attinenti alla funzione, ha sostenuto la obiettiva difficoltà di rinvenire un interesse dell’ente locale nell’accollo del debito risultante verso terzi all’esito della procedura di liquidazione di una partecipata (exmultis Sez. Liguria, n. 24/2017; Sez. Piemonte, n. 15/2016; Sez. Sicilia, n. 59/2014).

 Portando  l’attenzione sulla principale legislazione siciliana di settore,  si deve prendere atto che, né l’art. 21, co. 17, L. r. n. 19/2005 peraltro abrogato dall’art. 15, co. 8, L. r. n. 9/2013, né alcuna disposizione della L. r. n.9/2010, prevedono l’obbligo da parte dei comuni soci degli ATO di coprire automaticamente i debiti di quest’ultima.

 Il citato art. 21, co. 17, L. r. n. 19/2005 prevedeva esclusivamente un obbligo di anticipazione finanziaria a favore dell’ATO, nei casi di temporanee difficoltà finanziarie, subordinato, peraltro, al dovere di quest’ultima di inoltrare la richiesta successivamente all’utilizzo di risorse alternative, come ad esempio l’indebitamento presso il sistema bancario, rimanendo obbligata la stessa ATO a, regolare a consuntivo la propria posizione con i singoli comuni d’ambito in ragione dell’effettiva attività svolta in loro favore. L’anomalia è indicativa di una gestione societaria dimentica dell’osservanza dovuta al principio di economicità, distintamente previsto in altre disposizioni dello Statuto, quindi idoneo ad escludere di per sè qualunque diritto dell’ATO CL1 di riversare meccanicamente i propri debiti in capo agli enti partecipanti.  L’indirizzo accolto nella pronuncia della  Sezione di Controllo della R.S.  n.59/2014 afferma : “l’ente non ha -in linea di principio- alcun obbligo di assumere a carico del proprio bilancio i debiti della partecipata in liquidazione, qualora il patrimonio di quest’ultima non sia in grado di soddisfare le pretese creditorie. Se l’ente decidesse –nella propria discrezionalità politica- di accollarsi i debiti della partecipata in liquidazione, lo stesso dovrebbe evidenziare, attraverso congrua motivazione, la sussistenza di un interesse pubblico concreto giustificativo dell’operazione, valutandone attentamente la sostenibilità finanziaria. Tale scelta, infatti, finirebbe inevitabilmente per costituire una rinuncia implicita al limite legale della responsabilità patrimoniale della società ex art. 2325 cc”.

Tutto quanto sopra argomentato non è volto a criticare l’operato di chicchessia, consapevoli delle grandi difficoltà finanziarie in cui si dibattono gli enti locali, in particolare in Sicilia, ma è teso a mettere in evidenza che il pagamento di che trattasi,  è avvenuto con un percorso procedimentale e giuridico che non convince. Non è il pagamento in se il problema, ma  questa evoluzione della vicenda è un indice del fatto che da molti anni, forse da quando è sorta, i rapporti tra i comuni soci e la società d’ambito non sembrano in linea con i principi del TUSP (Testo Unico Società Partecipate) e della direttiva comunitaria che ha stabilito quale doveva essere la governance del servizio di gestione integrata dei rifiuti. Tali principi, è bene ribadirlo, sono stati elaborati a tutela dei consumatori e degli equilibri finanziari degli enti locali, chiamati a gestire il servizio in forma associata con le società d’ambito.  A nostro avviso la politica locale al riguardo è stata largamente lacunosa; indubbiamente la legislazione regionale sulla materia è risultata assai ambigua e alle volte fuorviante. Secondo noi del Collettivo Letizia, è necessaria una profonda revisione della logica dei rapporti che regolano i Comuni con le società d’ambito, in linea con i principi sopra esposti. Quanto successo negli anni scorsi potrebbe ripetersi, se non saranno adottate misure correttive di portata rilevante.

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