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Omicidio Aldo Naro, periti ribaltano i risultati della prima autopsia: «Ucciso da più colpi»

“È impossibile che a uccidere Aldo Naro sia stato un solo colpo”. Così ieri mattina, davanti alla prima sezione della Corte d’Assise di Palermo, i professori Pietrantonio Ricci, Umberto Sabatini e Domenico Laganà, che nel 2021 avevano effettuato a Catanzaro la nuova autopsia e la Tac 3D virtopsy sul cadavere esumato del medico ucciso nella discoteca Goa di Palermo nel 2015.

Rispondendo alle domande del pubblico ministero Enrico Bologna e degli avvocati di parte civile Salvatore Falzone e Antonino Falzone, i periti hanno spiegato che “dai nuovi accertamenti emerge la frattura del massiccio facciale e della seconda vertebra cervicale con infiltrazione ematica”.
Viene dunque sconfessata la tesi sostenuta alla precedente udienza dal prof. Paolo Procaccianti, il medico legale che aveva effettuato l’autopsia all’indomani dell’omicidio. Secondo i periti “i colpi inferti sono stati certamente numerosi, pluridirezionali, rivolti al capo e al collo e in grado di determinare una imponente emorragia cerebrale in più punti (subaracnoidea, intraventricolare e parenchimale). Il sangue infatti – hanno precisato– era sparso ovunque”.

Gli esperti hanno inoltre evidenziato “lo spostamento della terza vertebra cervicale sulla quarta e un infiltrato emorragico a livello polmonare”. E hanno concluso: “Possiamo affermare con rigore scientifico che il decesso di Aldo Naro sia riconducibile ad arresto cardiorespiratorio secondario a diffusa emorragia cerebrale e subaracnoidea con trauma cranio facciale e cervicale a livello C1-C2 dovuto ad azione meccanica diretta e indiretta sul capo e sferrata da una sequenza rapida di molteplici colpi ad alto impatto contusivo in regione cranica”.

“Quanto affermato in aula dai periti – dicono i genitori della vittima Rosario Naro e Anna Maria Ferrara – apre la strada alla verità, conferma quanto sosteniamo sin dal giorno dell’omicidio e riconosce lo straordinario lavoro dei nostri consulenti Giuseppe Ragazzi e Salvatore Cicero, ai quali va la nostra gratitudine. Certo – continuano – è  assurdo che siano dovuti passare nove anni e che abbiamo dovuto vivere anche l’atroce esperienza della riesumazione del cadavere. Perché chi ha fatto la prima autopsia ha sostenuto che Aldo è morto per un solo calcio? E perché non ha mai parlato di fratture cervicali? E come è possibile che la prima tac sia sparita dagli archivi del Policlinico di Palermo?”.

Aldo Naro, il medico di San Cataldo, di 25 anni, venne ucciso in discoteca, al Goa, a Palermo il 14 febbraio del 2015. Il giovane si trovava lì per festeggiare la laurea in Medicina. Poi intorno alle 3,30 sarebbe scoppiata una mega rissa. Il ragazzo, residente a Palermo, venne soccorso dai sanitari del 118 quando era già in fin di vita. Poi portato al vicino ospedale di Villa Sofia, morì poco dopo.

Nel 2023, arrivano tre condanne per rissa e favoreggiamento per l’omicidio. A sette anni dall’inizio del dibattimento il giudice monocratico Sergio Ziino del tribunale di Palermo, IV sezione penale, ha condannato a un anno e dieci mesi uno dei proprietari della discoteca, Massimo Barbaro, imputato per aver aiutato uno dei responsabili a depistare le indagini. Stessa pena per Francesco Troia, buttafuori regolare che rispondeva del reato di rissa ma che risulta tuttora sotto processo per omicidio. Un anno invece ad Antonio Basile per aver preso parte anche lui a quella notte di violenza.

L’omicidio e i tre processi

 A sferrargli il calcio fatale alla tempia fu Andrea Balsano, buttafuori abusivo all’epoca dei fatti diciassettenne che è stato condannato in via definitiva a 10 anni nel processo che si è celebrato in abbreviato. La famiglia di Naro si è sempre battuta sostenendo che non fosse stato soltanto Balsano a colpire Aldo e a provocarne la morte, ottenendo grazie a un particolare esame 3D e a una perizia il rinvio a giudizio di altri tre buttafuori,  due regolari e uno abusivo, che avrebbero preso parte alla rissa: Gabriele Citarrella e Francesco Troia, vigilantes inquadrati nel locale, e Pietro Covello.

La lettera: “Mi chiamo Aldo Naro, mi hanno lasciato morire”

 “Ciao, io sono Aldo Naro, sono un medico chirurgo abilitato alla professione. Ho sacrificato tutto per diventarlo, ho sacrificato me stesso per esserlo meglio di come avrei potuto. Ho studiato, tanto. Ho dormito veramente poco. Ho sacrificato amori, amici e il mio tempo libero per essere la migliore versione di me. Sicuramente l’ho fatto per rendere orgogliosi i miei genitori ma, principalmente, l’ho fatto per me stesso. Io sono riuscito quasi a coronare il mio sogno, perché sì io volevo essere un medico ma volevo diventare dentro il mio cuore un ottimo cardiologo. Avrei dato me stesso per esserlo ma non è stato possibile, perché io da 8 anni ho soltanto 25 anni”.

Poi continua: “Sono morto soffocato dal mio stesso sangue. In tutto ciò, nessuno ha fatto niente per me, ma non avrei mai chiesto da medico che qualcuno donasse la sua vita per me, ma nessuno, neanche i miei colleghi hanno saputo prestarmi soccorso nessuno mi ha aiutato, tutte le persone intorno a me si sono limitate a guardare, senza emozioni, quello che mi stava accadendo. In pochi minuti sono stati cancellati tutti i miei giorni futuri senza pensarci due volte, sono morto da solo su un marciapiede del giardino interno di una discoteca al freddo, in camicia, buttato fuori a calci con plurime emorragie cerebrali, sono morto da solo per un motivo a me sconosciuto. Da 8 anni la mia storia non riesce ad avere giustizia. Di tutti i presenti, nessuno – e dico nessuno – ha dato la versione reale di quello che mi è successo. Da 8 anni i miei genitori vanno di udienza in udienza, da processo a processo in virtù della speranza che i miei assassini paghino col carcere per ciò che mi hanno fatto”.

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