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Ergastolo al boss di Siculiana: Uccise imprenditore che non si era piegato alle cosche

La Corte di Assise del Tribunale di Agrigento presieduta dal giudice Wilma Angela Mazzara ha condannato alla pena dell’ergastolo Filippo Sciara, storico esponente della mafia di Siculiana, ritenuto l’autore dell’omicidio dell’imprenditore Diego Passafiume, ucciso a Cianciana il 22 agosto 1993 davanti ai familiari. Accolte interamente le richieste dell’accusa, sostenuta dal sostituto procuratore della Dda di Palermo Alessia Sinatra, e della parte civile, rappresentata dagli avvocati Danilo Giracello e Daniela La Novara. Per venticinque anni l’omicidio è rimasto un vero e proprio cold case sebbene almeno due dei testimoni oculari avessero fornito già all’epoca dei fatti precise descrizioni sul killer.  Sciara è un elemento di spicco della famiglia mafiosa di Siculiana, ergastolano, indicato come uno dei carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo durante la prigionia trascorsa in diversi covi nella provincia di Agrigento. La svolta arriva il 7 settembre 2018 a distanza di venticinque anni dall’omicidio e dopo ben due archiviazioni: i carabinieri, in una indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, arrestano Sciara. L’impianto accusatorio si fondava sul riconoscimento dei familiari presenti durante l’agguato e sulle dichiarazioni del già collaboratore di giustizia Pasquale Salemi che indicò il boss Giovanni Pollari, storico capomafia di Cianciana deceduto mentre stava scontando l’ergastolo, il mandante del delitto. Moglie e nipote della vittima, già subito dopo l’omicidio, fornirono importanti e precisi dettagli riconoscendo Filippo Sciara sul luogo del delitto. A quasi trent’anni più tardi, nell’aula del Tribunale di Agrigento, la drammatica testimonianza della moglie di Passafiume che puntò il dito verso l’imputato collegato in videoconferenza: “È stato lui ad uccidere mio marito, lo riconosco”. Passafiume, imprenditore del movimento terra, non si era piegato alle regole di Cosa Nostra. Un appalto che faceva gola a molti e soprattutto alla mafia, come tanti in quel periodo nella bassa Quisquina, avrebbe poi innescato la micidiale reazione. Era il 22 agosto 1993. Passafiume si era fermato con la sua Golf in contrada “Ponte padre Vincenzo” per mostrare ai suoi familiari un terreno acquistato da poco, prima di raggiungere casa di un cognato per festeggiare l’anniversario di matrimonio. Una Alfa Romeo 164 affiancò il mezzo dell’imprenditore e una persona armata di fucile sparò almeno tre colpi. L’imprenditore fu ucciso mentre suocera e cognata rimasero ferite lievemente.

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