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Avvelenò il marito perché non riusciva a darle un figlio e per la vita noiosa. Condanna a 30 anni confermata

Loredana Graziano, la donna condannata a 30 anni di carcere accusata di avere ucciso il marito, Sebastiano Rosella Musico, di 40 anni, nel gennaio del 2019, è stata portata in caserma dai carabinieri del reparto territoriale di Termini Imerese prima di essere condotta nel carcere Pagliarelli. Era rimasta ai domiciliari perché con lei viveva un figlio piccolo. La condanna a 30 anni per omicidio volontario diventa definitiva. Lo ha stabilito la Cassazione.

«Abbiamo sempre ritenuto una grave ingiustizia che Loredana Graziano abbia trascorso questi anni ai domiciliari nonostante le gravi accuse e le condanne – dicono Domenico e Maria Concetta
Rosella Musico, fratello e sorella della vittima – adesso con questa decisione riteniamo di avere ottenuto quella giustizia che abbiamo sempre cercato».

La famiglia si era costituita parte civile assistita dagli avvocati Salvatore Sansone e Provvidenza Di Lisi.

Viveva la realtà coniugale come una trappola, avevano una vita troppo noiosa, fatta di sacrifici e monotonia. La donna era ossessionata dall’idea di diventare madre e riuscì ad avere un figlio solo da uno degli amanti con cui tradiva il marito. 

Loredana Graziano era insofferente e adottò la soluzione finale. Uccise il marito, Sebastiano Rosella Musico, 40 anni, nel 2019 avvelenandolo con il cianuro. Sebastiano faceva il pizzaiolo. Si pensò a un infarto, ma a Termini Imerese cominciò a venire a galla una’altra ipotesi, alternativa e macabra. L’imputata è stata giudicata con il rito abbreviato. Quando avvenne il delitto era ancora possibile evitare l’ergastolo scegliendo il rito alternativo. Dal 20 aprile 2019 è entrata in vigore una nuova legge. Il giudizio abbreviato non è più ammesso per i delitti puniti con il massimo della pena.

La terribile storia emerse un anno dopo la morte di Rosella Musico, in concomitanza con l’arresto di un uomo per stalking. Si trattava dell’amante della donna. A denunciarlo era stata l’imputata con cui aveva una relazione da tempo. Lei raccontava di essere perseguitata dall’uomo che non si rassegnava alla fine della relazione. Lui giurava che fosse tutto falso e per mettere in guardia i carabinieri sulla pericolosità della donna raccontò di avere saputo dell’omicidio del pizzaiolo. La Procura fece riesumare la salma. L’autopsia svelò la presenza di cianuro. Prima la donna fece ingerire al marito un farmaco anti coagulante con effetti tossici in caso di sovra dosaggio. Non avendo ottenuto il risultato voluto passò al cianuro. Il movente? Insofferenza verso la vita coniugale.

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