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Femminicidio Lorena Quaranta, accusa chiede riduzione pena. I familiari della ragazza, invocano il carcere a vita

Ha chiesto le attenuanti generiche durante la requisitoria il procuratore generale nei confronti del giovane di origini calabresi Antonio De Pace, condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio dell’ex fidanzata Lorena Quaranta, l’infermiera di Favara uccisa nel marzo del 2020 nella sua abitazione di Furci Siculo nel Messinese. I giudici della Corte d’Appello adesso dovranno valutare anche un’eventuale riduzione della pena stabilita in Assise lo scorso luglio. A pesare, nella ricostruzione della Procura, la mancanza di episodi violenti pregressi e le modalità dell’omicidio simili a un raptus. Non ci stanno i familiari della ragazza, rappresentati dall’avvocato Giuseppe Barba, che invocano il carcere a vita per il giovane. Stessa richiesta è stata avanzata dagli avvocati di parte civile. L’infermiere calabrese era stato dichiarato capace di intendere e di volere e quindi imputabile, al termine della perizia medica effettuata per conto della Procura dal professore Stefano Ferracuti che aveva evidenziato l’assenza di “disturbi psichiatrici” nel ragazzo, all’epoca dei fatti vittima di una “importante condizione ansiosa”.

Il femmicidio di Lorena Quaranta si consuma nella notte del 31 marzo 2020 all’interno di un appartamento di Furci Siculo, nel messinese, che i due giovani condividevano. E’ stato lo stesso De Pace, dopo aver strangolato Lorena, a chiamare i carabinieri al telefono: “Venite, ho ucciso la mia fidanzata”. Il movente non è mai stato del tutto chiaro. L’infermiere calabrese ha infatti sostenuto, almeno nelle prime fasi delle indagini, di avere ucciso la giovane fidanzata perché convinto di aver contratto il Covid-19 a causa sua. Una circostanza poco credibile e smentita immediatamente grazie ai successivi esami effettuati. La Procura di Messina, inoltre, ha contestato l’aggravante della premeditazione a De Pace sostenendo l’ipotesi che il delitto fosse stato ideato e pianificato in base al fatto di aver inviato alcuni messaggi ai parenti più stretti manifestando la volontà di trasferire i propri risparmi ai nipoti. Questa circostanza, però, è stata esclusa dai giudici di primo grado.

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