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“Tesoro”Messina Denaro: Perquisita casa dell’ex avvocato Messina. Carcere per Luppino. Selfie con medico interviene Omceo

Perquisizioni a tappeto a Campobello di Mazara, nell’ambito delle indagini sull’arresto del boss Matteo Messina Denaro. Soprattutto si cercano i soldi di cui aveva grande disponibilità ed incartamenti e documenti. In particolare quel famoso tesoretto fatto di documenti scottanti portati via dall’abitazione di via Bernini, a Palermo, dove abitò nell’ultimo periodo della latitanza, Totò Riina, e che diversi pentiti dicono sia stato affidato a Messina Denaro. 

Il nome di Antonio Messina, 77 anni, un anziano avvocato massone radiato dall’albo, già coinvolto in passato in indagini che ruotavano attorno al nome di Matteo Messina Denaro, torna nuovamente d’attualità. Stamane i carabinieri hanno perquisito due immobili di proprietà del legale, originario di Campobello di Mazara ma che vive a Bologna.

Il primo si trova in paese all’angolo tra via Scuderi e Via Selinunte, di fronte l’abitazione di Salvatore Messina Denaro, fratello del boss; il secondo in via Galileo Galilei a Torretta Granitola, un’abitazione estiva sul litorale di Mazara del Vallo nei pressi della sede dell’Istituto per la ricerca marina del Cnr. Le perquisizioni sarebbero collegate agli sviluppi delle indagini sulla cattura del super latitante; accertamenti sono in corso anche su altre persone. L’avvocato Antonio Messina, 77 anni, è un personaggio noto alle cronache giudiziarie. Fu condannato per traffico di droga negli anni Novanta. Assieme a lui erano imputati l’ex sindaco del Comune di Castelvetrano Antonio Vaccarino, che per conto dei servizi segreti intavolò una corrispondenza con Messina Denaro con il nome di Svetonio, e gli uomini d’onore Nunzio Spezia e Franco Luppino. Messina fu indicato anche come mandante dell’uccisione del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto dai collaboratori di giustizia Rosario Spatola e Vincenzo Calcara, ma è stato scagionato da questa accusa. Per il delitto sono stati condannati Totò Riina e Mariano Agate. Gli investigatori intercettarono Messina mentre parlava con Giuseppe Fidanzati, solo indagato nell’inchiesta, uno dei figli di Gaetano Fidanzati, boss dell’Acquasanta oggi deceduto. I due facevano riferimento ad un “ragazzo” di Castelvetrano, identificato in Francesco Guttadauro, nipote di Matteo Messina Denaro, che era stato arrestato. In particolare Fidanzati ricordava un incontro avvenuto alla stazione di Trapani con “Iddu” che si era fatto accompagnare a bordo di una Mercedes da un certo “Mimmu”. Non è mai stato chiarito se “Iddu” fosse riferito a Guttadauro o, come invece sospettano gli investigatori, all’allora super latitante Messina Denaro. L’ultima grana giudiziaria per l’avvocato Messina, frattanto radiato dall’ordine professionale, risale al giugno di due anni fa quando fu assolto dall’accusa di traffico internazionale di stupefacenti nell’ambito dell’inchiesta “Eden 3” con 19 indagati. Un maxi traffico di hashish sulla rotta Marocco-Spagna-Italia che sarebbe stato gestito proprio da Matteo Messina Denaro.

L’Ordine dei medici di Palermo ha richiesto alla direzione sanitaria della clinica palermitana La Maddalena di conoscere il nome del medico chirurgo apparso in un selfie con il boss Messina Denaro e pubblicato da diversi media. La commissione disciplinare dell’Omceo avvierà un’indagine ed eventuali provvedimenti secondo le procedure di competenza previste.

Il Gip Fabio Pilato, accogliendo la richiesta del Pm della Dda di Palermo Piero Padova, ha disposto la custodia cautelare in carcere per Giovanni Luppino, l ‘agricoltore di olive che ha fatto l’autista al boss Matteo Messina Denaro e che è stato arrestato lunedì insieme al capomafia.

Ieri durante l’interrogatorio di garanzia Luppino, difeso dall’avvocato Giuseppe Ferro, aveva cercato di sminuire il proprio ruolo: “A me e’ stato presentato come Francesco, cognato di Andrea Bonafede. E’ stato quest’ultimo a presentarmelo e – riferisce il legale riportando alcuni passaggi delle risposte di Luppino – per spirito di solidarieta’ mi sono prestato ad accompagnarlo a Palermo per la seduta di chemio”. Ma per i pm che coordinano le indagini il suo e’ stato un ruolo tutt’altro che inconsapevole. Al gip che gli aveva chiesto se lo avrebbe accompagnato ugualmente sapendo la reale identita’ il legale riferisce che Luppino ha risposto: “solo un pazzo poteva accompagnarlo sapendo che era Matteo Messina Denaro. Per me era Francesco e’ solo lunedi’ al momento del blitz dei carabinieri mi e’ stato detto chi fosse”. Il legale di Luppino annuncia che sara’ proposto ricorso al Tribunale del riesame. Subito dopo il suo arresto, lunedì mattina, alla clinica Maddalena di Palermo, il boss Matteo Messina Denaro avrebbe detto al suo autista, Giovanni Luppino “E’ finita”. A raccontarlo, come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare visionata dall’Adnkronos, è lo stesso commerciante di olive finito in carcere con il capomafia. Luppino “ha dichiarato di ignorare la vera identità di Messina Denaro – scrive il gip – specificando che, circa sei mesi addietro, il suo idraulico di fiducia, Andrea Bonafede, glielo aveva presentato indicandolo come un suo cognato, di nome Francesco. Dopo quel brevissimo incontro, durato appena una manciata di minuti, non lo aveva più visto né incrociato, fino alla mattina del 16.1.2023 quando il tale Francesco, sedicente cognato di Andrea Bonafede, si era presentato all’alba (ore 5,45 del mattino) per chiedergli la cortesia di accompagnarlo a Palermo, dovendo sottoporsi a delle cure mediche in quanto malato di cancro”. “Luppino ha concluso le sue dichiarazioni sostenendo di essersi reso conto della vera identità di Messina Denaro soltanto a seguito dell’intervento dei Carabinieri, quando aveva chiesto al tale Francesco se cercassero lui, ottenendo in risposta le testuali parole: ”si, è finita”. 

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