
Una scoperta che arriva dai laboratori americani della Rutgers University, ma che parla anche siciliano.
La protagonista è Sofia La Vecchia, poco più che trentenne, originaria di Canicattì, ricercatrice al Susan Lehman Cullman Laboratory for Cancer Research della Rutgers University, nel New Jersey (USA). Dopo una prima esperienza all’Università di Torino, oggi Sofia è parte di un gruppo di ricerca internazionale che ha firmato uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Science Advances, aprendo nuove prospettive nella lotta contro la leucemia mieloide acuta.
La scoperta
La ricerca – condotta in collaborazione con il laboratorio del prof. Luca Scorrano dell’Università di Padova e con la scienziata Christina Glytsou – ha individuato un modo per colpire uno dei punti deboli delle cellule tumorali: la loro capacità di adattarsi ai trattamenti e resistere ai farmaci.
Il team ha osservato che nelle cellule leucemiche resistenti, i mitocondri — organelli fondamentali non solo per produrre energia ma anche per gestire molti processi biosintetici chiave — presentano una morfologia alterata. In queste cellule una proteina, chiamata OPA1, risulta sovraespressa (cioè prodotta in quantità anormalmente elevate), contribuendo alla loro sopravvivenza anche in presenza di terapie.
Bloccando questa proteina, i ricercatori hanno visto — sia in vitro che in modelli animali — che le cellule tumorali vanno incontro a morte cellulare. Ciò è stato possibile grazie all’uso di due inibitori di OPA1, di cui uno di nuova generazione, sintetizzato proprio nel laboratorio padovano del prof. Scorrano.
Verso nuove terapie
“L’obiettivo – spiega la dottoressa La Vecchia – è ora quello di trasferire questi risultati in clinica, per capire se gli inibitori di OPA1 possano essere usati insieme ai trattamenti esistenti, rendendoli più efficaci contro le forme resistenti di leucemia mieloide acuta.”
La scoperta apre quindi una nuova via terapeutica: non si tratta di aumentare la forza dei farmaci, ma di indebolire le difese interne delle cellule malate, privandole della loro capacità di adattamento.
Una storia di talento e radici
Dietro il camice della ricercatrice c’è una storia tutta canicattinese.
Il padre, Diego, è un medico di base oggi in pensione, molto conosciuto e stimato in città; la madre, Cettina, è stata per anni insegnante della scuola dell’infanzia. Una famiglia che ha sempre creduto nel valore dello studio e nella curiosità scientifica, oggi ripagata da un risultato che unisce orgoglio locale e respiro internazionale.
“Sono cresciuta a Canicattì, in un ambiente dove la curiosità e la passione per la conoscenza sono sempre state incoraggiate – racconta Sofia –. Credo che ogni percorso di ricerca abbia radici profonde: le mie sono nella mia famiglia e nella mia terra.”
Una giovane scienziata siciliana che, con passione e competenza, contribuisce a un passo importante nella lotta contro una delle forme più difficili di leucemia.
Una storia che dimostra come anche da un piccolo centro possa partire un grande contributo alla scienza mondiale.
(Calogero La Vecchia)




